martedì 14 luglio 2015

Post Sviluppo, Decrescita Felice, Crescita Personale

Alla crescita del benessere del proprio Paese, ben si coniuga la crescita personale, volendo potremmo definirla crescita della coscienza. 
La consapevolezza che le nostre azioni hanno un seguito, diretto e indiretto, nel mondo in cui viviamo.

Lo stile di vita del tipico occidentale è molto incentrato sull'avere, dal circondarsi di oggetti tecnologici e accessori di varia natura che vengono rimpiazzati poi con una certa ciclicità. 
Se dopo andiamo a studiare come questi beni siano prodotti, ci accorgiamo allora della complessa operazione: componenti dall'India, elementi dall'Africa, assemblaggio nell'est Europa, business plan dall'America ...
Praticamente una danza frenetica che si balla da capo a capo del Pianeta, con anche un costo in termini di inquinamento dovuto agli spostamenti. 
Alla fine l'oggetto viene creato, entra nelle varie catene di distribuzione e noi tutti andiamo a comprarlo, con anche un certo senso di appagamento... poi magari dura tanto quanto il tragitto negozio-casa, ma un senso di benessere c'è. 
Purtroppo, questa felicità generata dallo shopping è del tutto velleitaria. Non è altro che un colmare un vuoto della propria esistenza -è un po' come quando si viene lasciati e rimpiazziamo il partner con gelato a volontà nel cuore della notte. Il consumismo è la descrizione di un malessere interiore.

Quindi, lavorando prima di tutto su noi stessi, analizzando quali siano gli aspetti importanti delle nostre vite, sul piano materiale e spirituale, psichico e fisico, possiamo trasmettere i valori giusti da marcare alla società -che altro non è che l'impronta di noi.

Le teorie di Post-Sviluppo, che danno origine alla cosidetta decrescita felice (produrre di meno per vivere meglio), volgono proprio in tal senso. 
Mantenere una globalizzazione sul piano dei contatti e dell'informazione, e smorzare questo pazzo modo di produrre.

Possiamo sforzarci di soddisfare i nostri bisogni (che sembrano tanto un pozzo senza fondo) spremendoci le meningi e utilizzando le risorse che si hanno a livello locale. 
D'altronde è proprio così che la rivoluzione industriale è nata. 
Il carbone prima del Settecento era semplicemente una pietra sporca. Solo nel momento in cui ci si è posti la giusta domanda -come trasformare questo bene inutile ma abbondante in una risorsa?- ne è nato il boom che tutti conosciamo. 

Allora, la chiave sta nel trovare la domanda giusta da chiederci.





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