domenica 24 aprile 2016

mercoledì 20 aprile 2016

Mangiamo quel che siamo



Siamo quel che mangiamo. 
Così diceva Ludwig Feuerbach, e sicuramente torto non aveva, visto che il cibo influenza la nostra salute -regolando le funzioni del corpo e gli ormoni, e non solo- ma soprattutto dipinge chi siamo, quale sia la nostra cultura, il nostro credo, il nostro status sociale:
gli arabi non mangiano il maiale, in europa non mangiamo i gatti o le cavalette, i ricchi (tendenzialmente) stanno più attenti a comprare pietanze di qualità, mentre i servi della gleba (tendenzialmente) prediligono una dieta molto calorica, concentrandosi più sulla quantità che la qualità.
Insomma, mangiare è molto più del solo atto in sé, ma è una funzione che racconta tanto di noi sul piano biologico e su quello socio-psicologico.
Il piatto che arriva sulla tavola parla delle nostre aspettative di vita e del nostro posto nella società, perché una dieta sana è un passo verso la longevità, e la scelta di cosa mangiare ci riporta alla dimensione spaziale (geografica) e culturale definendo il luogo in cui viviamo, il nostro culto, il nostro livello di istruzione, il nostro carattere. 
Il cibo sulle tavole rispecchia anche le nostre paure, le nostre ansie. In un mondo in cui il cittadino comune si allontana dalla filiera alimentare, demandando a terzi attori la produzione, la trasformazione, la distribuzione del cibo, il consumatore non trova posto, e si riduce il suo grado di fiducia nei confronti delle pietanze, ed esterno all'intero processo che riguarda la creazione degli alimenti non gli resta altro che affidarsi al dogma delle etichette (quando ci sono), alle informazioni date alla tv, ad internet. Inutile dire che le misure di controllo personale sono del tutto inefficaci: 
troppi attori intervengono nella filiera, spesso a latitudini e longitudini opposte, con regole di produzione, conservazione, trattamento, completamente differenti, dove l'alimento puro della terra viene trasformato e poi addizionato ad altri prodotti -che non è detto che siano necessariamente compatibili- andando a creare così una sorta di UFO, un Unidentified Food Object (per dirla alla Fischler). Insomma, passaggi troppo complessi per essere raccontati chiaramente e brevemente con una etichetta.
Gran parte di questo sistema è indubbiamente figlio della globalizzazione, un fenomeno tutt'altro che naturale, ma politico. E quindi non è vero che sia IRREVERSIBILE, come molti al contrario sostengono (vedi Bauman).
E se il disegno politico cambia, allora cambiano interamente le regole del gioco, e con loro anche il cibo che arriva in tavola. 
Se mangiamo schifezze un motivo ci sarà.

#Mangiamo quel che siamo.

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martedì 5 aprile 2016

Volontariato


Aiutare gli altri per aiutare sé stessi. La regola da seguire per poter cambiare la propria vita e girare il palmo dal basso verso l'alto dicendo da così a così.
Molti non realizzano, ma è proprio quando aiutiamo il prossimo che spesso troviamo un'innata saggezza gandhiana, e questo poi nulla conta se non ci ascoltiamo, se non mettiamo in pratica le belle parole.

Insomma, predicare bene per razzolare bene, questo è l'obiettivo. E il volontariato è una valido strumento per fare goal. Eppure, parlando con coetanei e altri giovani adulti (fascia di età 18-27) mi sono reso conto che il volontariato sia visto assurdamente come un qualcosa per sfigati, per perdenti, riflettendo tutto l'egoismo di quest'era digitale, moderna, frutto dell'alienazione subìta sin dalla tenera età ad opera dei computer-televisori-telefonini-videogiochi, che hanno portato a non far sviluppare l'empatia che un normale essere umano sviluppa socializzando con i suoi simili. 

Come ogni cosa, è l'abuso che porta a devianze, perché di per sé la tecnologia è uno strumento e non ha colpe (anzi, ci facilità la vita), ma è l'uso che se ne fa. 
Ancora non mi capacito come si possa avere una posizione tanto netta (quanto idiota) nel non volere aiutare, a volte mi chiedo se farei bene a registrare questi e denunciarli in pubblica piazza, giusto per sbattergli di fronte agli occhi il cancro che covano in seno con posizioni tanto poco ragionate e sentite. 

Questo post vuole solo sensibillizzare un po' l'opinione altrui sul bisogno che c'è di noi nel mondo, compiere piccoli gesti per fare grandi cose, e non solo per gli altri e la società, ma anche per sé, perché il guadagno che si trae da esperienze simili non è immaginabile prima, e le parole sono inutili.

#HelpWhoNeeds
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sabato 2 aprile 2016

#BastaLagne


Sconfiggere i demoni del passato guardandoli dritto negli occhi, mentre si medita da soli su una panchina nel verde del parco, sdraiati nel letto nel buio della notte, immersi nell'acqua del mare delle vacanze estive, ovunque ove la pace spodesti i rumori della vita, è fondamentale se si vuol dare un calcio alla Chuck Norris alla propria esistenza. Si tratta di maturità.

Le esperienze negative sono degli insegnamenti che non sempre riusciamo a cogliere, spesso reiteriamo gli stessi sbagli, e ci danniamo poi, e come sempre lamentarsi non sarà la soluzione. Piuttosto dovremmo cavalcare quelle emozioni indomabili, guardando il puledro selvaggio a muso, e capire come montarlo. 

Allora PAUSA è la parola magica. Pausa dall'attività quotidiana, pausa dalla ricerca di una soluzione, pausa dallo stress degli obblighi, pausa dai continui errori, pausa da tutto. 
Pausa è l'amica. 

Goditi il secondo, l'ora, la giornata, ché le soluzioni ai problemi verranno così da sé, perché il cervello, tanto complesso quanto affascinante, è una macchina che analizza sempre, anche quando non ce ne accorgiamo, e in automatico ti ritroverai a rivivere memorie, storie, traumi e piaceri, e se guardi le foto dei ricordi senza i rumori della vita, Chuck Norris in persona ti darà la spinta che cercavi.
Bada bene però che pausa non significa tempo libero, tempo di leggere, di navigare in internet, di giocare, di affaticare il cervello con le convinzioni degli altri; pausa è un tete-a-tete con te. 

Per il resto non c'è bisogno di aggiungere tante altre parole, basta solo non lamentarsi, perché sì la rosa è sfortunata ad avere le spine, ma le spine sono fortunate ad avere la rosa (cit.).

#BastaLagne
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